Punto e a capo. Amen.
Quando Mike Bloomfield, che all’epoca era il chitarrista più famoso e stimato nella scena americana, assistette ad un suo concerto per la prima volta, ne uscì devastato. Disse: “Intorno a me esplodevano bombe atomiche, e missili teleguidati volavano da tutte le parti. Non so nemmeno io spiegare quali suoni uscissero da quella chitarra”. Hendrix è la più rivoluzionaria delle rivoluzioni. E’ come riscrivere le regole della sintassi lasciando però le ultime pagine della grammatica bianche, perché un disco di Hendrix lascia aperte infinite porte a chi vuole entrare dopo di lui. Due sue esibizioni, in particolare, sono entrate di prepotenza nell’immaginario collettivo: il suo esordio al festival di Monterey del 1967, in cui concluse la performance dando fuoco alla sua chitarra davanti ad un pubblico allibito, e la chiusura del festival di Woodstock del 1969, durante la quale reinterpretò l’inno nazionale statunitense in modo provocatoriamente distorto .
La mattina del 18 settembre 1970 Hendrix viene trovato morto nel suo appartamento, pare soffocato da un improvviso conato di vomito causato da un cocktail di alcool e tranquillanti. Naturalmente , come nella migliore tradizione, le cause della sua morte non sono comunque chiare.
Secondo la classifica stilata nel 2011 dalla rivista Rolling Stone, è stato il più grande chitarrista di tutti i tempi.