Provato FIFA 17, abbiamo iniziato a mettere le mani sui giochi EA in arrivo…

Provato FIFA 17, abbiamo iniziato a mettere le mani sui giochi EA in arrivo…

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Fonte http://www.everyeye.it/

Non che ci volesse un mostro della deduzione, ma era un tantinello difficile ipotizzare che ad Electronic Arts, a questo giro, non fosse capitata la classica mano buona, di quelle in grado di alleggerire pesantemente piatto e sfidanti. Nonostante la sistematicità con cui rifila sberle milionarie alle classifiche di vendita mondiali, di fatto il brand Fifa aveva smesso da un po’ di giocare in modalità sborone, rialzando lo sguardo solo al giro di boa del cambio generazionale, giusto il tempo di un paio di iniezioni di Ignite e poi via belli pregni verso il prossimo record da demolire. Tutto bellissimo, davvero. E poi applausi sinceri alla programmazione pluriennale del lavoro che scandisce, anno dopo anno, le feature da implementare. Come implementarle. E quale peso debbano sobbarcarsi nell’economia di gioco. Ma in sostanza: la voglia di spaccare tutto dov’è finita? Il sacro fuoco di far rimangiare ai giappo gli sfottò infiniti per Fifa 07, dov’è stato soffocato? Il sentimento, la follia, la propensione al perfezionamento, la necessità di alzare l’asticella non solo di un po’, tenendo sotto controllo il grado di sbattimento, bensì di brutto, che fine disgraziata ha fatto? Quella sana brama di competere contro sé stessi, spesso spuntata fuori dal taschino dei buoni propositi di David Rutter in persona, c’è ancora? C’è ancora. C’è ancora dannazione. Perché quando EA ha qualcosa da dire alla stampa, qualcosa di vero, e in cui ripone fiducia incondizionata, non ti invita in un producer tour a caso, magari sotto casa. Nossignori. Lo fa teletrasportandoti in una cornice da sballo come la casa del Chelsea, per poi spararti in faccia tutte le info di cui avevi bisogno, tutte le rassicurazioni che il buon feticista del videogioco sportivo d’annata voleva sentirsi sussurrare all’orecchio. Del resto, ora o mai più. Un altro piccolo passettino e ci siamo, benvenuti nella nuova era. Quella in cui la scena Esports dismette i panni da fenomeno collaterale per divenire primizia croccante e a misura delle fauci dei publisher più famelici. Dunque che si fa? Punto uno: si apre un’area di competenza apposita, la Competitive Gaming Division, capitanata da uno squalo inossidabile come Peter Moore. Punto due: si ristruttura il percorso produttivo dell’azienda, ponendo il Frostbite come perno tecnologico dello sviluppo. Il risultato è una focalizzazione verticale sui franchise di punta, che devono essere fashion e in forma per la prova costume più decisiva: quella con lo show business competitivo.

Fisical Play

Ok, Fifa 14 -versione rigorosamente old gen- era davvero tanta roba. Ci manchi tanto Xbox 360. Fifa 15, figlio caro, pur dannato da uno sbilanciamento di fondo da prendere a schiaffoni, aveva posto alcune delle basi su cui Fifa 16 ha cementato la propria fortuna da buonissimo gioco di calcio. La sensazione però è che si fosse giunti a destinazione: il treno dell’innovazione, al netto del compromesso tecnologico imposto dagli hardware odierni, era al capolinea. Si prega di scendere. E pure in fretta. Pad alla mano, il passaggio di consegne sotto al cofano di Fifa 17 è ben più di un toccasana. Perché se di fatto la dinamica concettuale e la costruzione del gioco riprendono il meglio del recente passato, in termini di filosofia del fraseggio e sfruttamento sanguinario delle ripartenze, l’upgrade di spessore della fisica e dell’intelligenza artificiale scompaginano l’approccio classico al prodotto, la cadenza del ritmo, del giropalla e la libertà tutta concessa a chi gioca. Pur nell’ottica di un prodotto che deve farsi portavoce di una grassa dose di trasversalità, soddisfando milioni di persone con lo spettacolo, passando dal Via! dell’autenticità ma senza scomodare le ansie da simulazione, il cambio di passo è davvero confortante. Inerzia e peso specifico medio dei calciatori differiscono in maniera sostanziale da Fifa 16. Abituatevi all’idea: nulla di drammatico, ma non si tratta di mera reattività, come già accaduto in passato, quanto di diversa presenza fisica percepibile sul campo di gioco, più libera di agire e scevra da alcuni script che talvolta l’ancoravano. Il resto lo fanno le migliaia di animazioni aggiunte (di cui davvero tantissime di raccordo) che vanno a toccare la lettura dei movimenti da parte del videogiocatore e naturalmente la varietà degli stessi. L’elemento determinante, e che più fa oscillare il bilanciamento complessivo di un qualsiasi episodio, è la protezione della palla. In Fifa 17 lo shielding spacca, e fa godere forte l’appassionato medio quanto il più pro tra i pro-player. Solo ora, in termini pratici, si vedono gli effetti più genuini teorizzati anni fa con definizioni tipo “battle for possessions”. Il gioco diventa ancora più fisico semplicemente perché la copertura della sfera passa da un ruolo tutto sommato secondario alla ribalta in ogni azione, in ogni parte del campo, e tenendo conto delle caratteristiche individuali, con qualsiasi giocatore. Nascondere la palla, magari perché raddoppiati e intenti ad agguantare una punizione da una zolla interessante, significa giocare col peso del calciatore per ammortizzare gli attacchi dell’avversario tramite schiena e movimenti degli arti superiori, come spalle e avambracci, facendo chiaramente leva sulla forza delle gambe. Il risultato è davvero eccezionale e apre scenari di gioco tutti da esplorare, sia in attacco -magari per effettuare un dribbling usando il proprio corpo per anticipare l’avversario, o per sbilanciarlo-, che in difesa, così come nel gioco aereo. E’ davvero bellissimo riuscire a sbottonare la postura in volo di un avversario, per poi tentare di addomesticare il pallone con uno stop in allungo, anziché buttarlo o spizzicarlo di testa verso un compagno. Ancora più che in passato, la prestanza fisica dei singoli difensori esercita un’influenza effettiva anche sui giocatori più abili e veloci. Siluri come Bale e CR7 sono difficili da arginare solo se usati da giocatori abili, e non in quanto supereroi digitali infermabili. Il contrasto, anche ruvido, la cattiveria agonistica si traduce in un ritmo di gioco decisamente meno schizofrenico, più frastagliato, ma non per questo meno denso di soddisfazioni o di contropiedi fulminei. L’altro decisivo cambiamento riguarda l’intelligenza artificiale. Fifa cambia faccia giocando la carta numero 17: in pratica, gli step raggiunti nei precedenti capitoli confluiscono in una diversa analisi dello spazio, che dalla singola zona di competenza è passata al quadro generale, per poi farsi, da quest’anno, contestuale. Ok, tante belle parole ma in pratica che cacchio significa? Bravi, giusta puntualizzazione: in soldoni i propri compagni leggono meglio le situazioni di gioco, attivandosi o proponendosi di conseguenza, ma senza sottostare a schemi prefissati. Lo studio dei possibili sviluppi di un’azione diviene dunque procedurale, con compagni che finalmente sfruttano o creano lo spazio necessario in maniera competente. Sia chiaro: la build testata era completa al 50% e alcune magagne, o meglio alcune sbavature sono comunque saltate all’occhio. Ma invece di rappresentare una regola, venivano evidenziate perché inserite in un contesto di brillantezza mentale di pregio. Portare via l’uomo, fintare un movimento per aggirare un avversario, il raddoppio non chiamato, al pari delle sovrapposizioni intelligenti sono una bella realtà, una realtà che funziona spesso e bene, incrociando diverse soluzioni che arginano di gran lunga la solo sufficiente proattività dei compagni di Fifa 16.

Ci piacciono quindi i centrocampisti che dettano il passaggio appena prima del centrocampo e poi intuiscono che può esserci un corridoio lungo fino all’area, e lo attraversano di corsa, nella speranza di ricevere la giusta imbeccata. Ci piacciono i tempi di posizionamento più corretti rispetto al passato, con la giusta attenzione al fuorigioco; e ci piacciono assai le diagonali difensive fatte a modo e finalmente efficaci. Gli svarioni persistono, ma spesso è più per colpa del videogiocatore che di un posizionamento errato della cpu. La parola chiave è varietà: semplicemente, lo sviluppo di alcune azioni di Fifa 17 non era pensabile l’anno scorso. Il giropalla e l’impostazione delle azioni ha un ventaglio di possibilità concretamente più alto, ed il bilanciamento fisico rende da una parte l’esito degli scontri più incerto, dall’altro morde i polpacci al ritmo di gioco, che si fa più compassato, senza stravolgere le dinamiche classiche della serie. E ancora: se non mancano nuove possibilità di dribbling per i malati della street art, tra cui la capacità di poter sfiorare la sfera di testa all’indietro per superare un avversario con un leggero pallonetto, più rimarchevoli sono il nuovo filtrante di esterno, ad uscire o a rientrare, tanto caro a Zidane o Lampard, capace se ben dosato di tagliare in due anche difese sulla carta ben schierate, e i nuovi tiri, tra cui quelli bassi, ora più determinabili. Portieri: dopo il casotto esploso con Fifa 15, gli estremi difensori sono tornati in un limbo mediatico piuttosto comprensibile. A questo stadio dello sviluppo, e dopo circa 5 ore di gioco continuative, abbiamo costatato una credibile solidità tra i pali, con interventi anche spettacolari e la congrua capacità di ribattere in zone di minor pericolo, o di salvarsi in due tempi. D’altro canto, solo gli stessi sviluppatori a dirci che le magagne avvertibili durante alcune uscite sono e saranno oggetto di un’accurata revisione in vista del lancio. Eccellenti, e chiaramente ricollegate al boost alla voce fisica, sono le collisioni con il portiere, che come è ravvisabile nella realtà calcistica non sempre scaturiscono in un fallo. Novità infine sul gioco da fermo: nell’ottica di fornire un maggior controllo in ogni situazione, si arricchiscono le possibilità durante punizioni, corner e rimesse. Nuove conclusioni, d’accordo, ma anche la facoltà di spostare il cursore per indirizzare al meglio la palla, richiamando l’attaccante di turno o utilizzandolo per dare vita ad un blocco; sui rigori, invece, a cambiare sono anche i particolari, come la rincorsa che precede il tiro: lunga, corta, laterale, da fermo, o ricca di finte. Per i fanatici dell’antisportività, invece, non manca la possibilità di avanzare di qualche centimetro durante le rimesse, sfidando la fiscalità del direttore di gara. Su questo versante pochi i passi avanti rispetto allo scorso anno: arbitraggi nella media, ma cronica incapacità di gestire al meglio i vantaggi.

The Journey

Dai, lo sapevamo tutti che il 2016 sarebbe stato l’anno buono. Sull’onda lunga della proposta targata Visual Concepts, EA Sports non poteva mancare l’appuntamento col destino, meglio se un destino da plasmare come quello di una giovane promessa del calcio come Alex Hunter. Sulla carta, tutto alla grande: una carriera estremamente immersiva, un’esperienza a 360° divisa tra gli spostamenti di un giovane talento, la vita negli spogliatoi, e la propria famiglia, nei luoghi dove il protagonista si sente davvero a casa.

In realtà quanto provato, seppur elettrizzante, non costituiva che una minima parte del pacchetto finale, strutturato in modo tale da saldare le performance sul campo e le decisioni prese nei vari ambiti e durante le conversazioni, per dare forma e sostanza ad una storia unica. E’mancata però la l’opportunità di approfondire, ma confidiamo di rimediare nelle prossime settimane. Una volta chiamati in causa, sarà nostro compito soddisfare le richieste del mister, per ottenere i punti necessari al miglioramento delle skill, spalmate su un ventaglio decisamente ampio di voci generali e specialistiche. Ciò che accade sul campo può dar vita a scene dinamiche diverse, come ad esempio successivamente ad un cartellino rosso, con la conseguente convocazione nell’ufficio dell’allenatore. I dialoghi, a risposta multipla, sono la chiave per la costruzione della personalità del giovane protagonista. Le potenzialità sono evidenti, sebbene gli effetti fossero difficilmente percepibili durante il succinto hands on. Cambiando risposta nei dialoghi precedenti il nostro ingresso sul terreno di gioco, sono talvolta cambiati i target prefissati dal coach. Di certo è che rispondere alla Ibrahimovic durante le interviste, non ha davvero prezzo. Pur senza scomodare Spike Lee, lo storytelling pare piuttosto convincente e attuale, sebbene si muova su cliché abbastanza collaudati. Di certo, un’eccellente base di ripartenza per il franchise, che dona un sapore più fresco alla classica carriera.

Play beautiful 2.0

Fifa 17 si presenta bene anche al test di bellezza: se a livello di modelli poligonali la base era già solida, i miglioramenti sono evidenziabili soprattutto sui volti, con ricostruzioni facciali più accurate, ed uno studio approfondito degli occhi, che prendono letteralmente vita, e della porosità della pelle, con le centinaia di imperfezioni caso.

Spinta notevole sul fronte illuministico, con uno spettro di situazioni in cui le sorgenti luminose lavorano di concerto per richiamare la miglior fotografia possibile del reale, soprattutto in situazioni decisamente complesse come i match notturni. Poco appiattimento anche sul fronte quantità: gli spogliatoi prendono vita, così come gli interni degli stadi (da valutare il discorso licenze). Come detto, le animazioni aggiunte si contano a migliaia: il risultato è decisamente confortante.

FIFA 17Con Fifa 17 EA Sports imbocca, giunta al bivio, il sentiero giusto: quella della reale volontà di imporre tasselli importanti per ampliare l’ossatura di gioco. Senza scardinare il passato, o snaturandosi per abbracciare i detrattori, ma con il giusto piglio per autenticare una leadership di mercato e di consensi comunque indiscussa. Un ottimo gioco di calcio, che nei prossimi mesi dovrà dimostrare di poter correggere alcune sviste per aspirare a vette di eccellenza. Da valutare in tutte le sue diramazioni, infine, la modalità Journey, richiesta a più riprese: se non altro, sappiamo che fine fanno almeno una buona parte dei feedback di milioni di appassionati.

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