Ennesima mazzata sulle pensioni: sparisce il bonus

Ennesima mazzata sulle pensioni: sparisce il bonus

Raccontano che Pier Carlo Padoan non abbia affatto gradito, ieri di buon’ ora, i titoli dei giornali – anche quelli solitamente più accomodanti col governo – sul Documento di economia e finanza approvato venerdì dal consiglio dei ministri. Al titolare dell’ Economia non è andata giù l’ enfasi che è stata data alla crescita del pil, rivista al ribasso proprio nel Def. Eppure si tratta di un dato inequivocabile: rispetto alle vecchie previsioni, Tesoro e Palazzo Chigi hanno tagliato le stime dall’ 1,6% all’ 1,2%.

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Per Padoan non sarebbe così e all’ ora di pranzo, dal palco del Workshop Ambrosetti di Cernobbio, ha attaccato a testa bassa una «descrizione che ho visto in giro e che mi lascia stupito, cioè più deficit e meno crescita, invece – ha spiegato – la crescita è aumentata e il deficit è diminuito». Il ragionamento del ministro si fonda sul fatto che «tutti hanno abbassato le previsioni, il quadro internazionale è molto peggiorato e l’ incertezza internazionale è aumentata». Come dire: mal comune, mezzo gaudio. Pure il premier, Matteo Renzi, ha difeso il «suo» Def: «Siamo stati messi sotto attacco per alcune questioni legati ai numeri economici del Paese, ma se li guardate davvero vi accorgerete che venidamo da un periodo in cui le cose andavano malissimo e ora non vanno ancora bene, ma vanno certamente meglio». Non troppo, per la verità, visto che il pareggio di bilancio viene spostato dal 2018 al 2019.

C’ è poi un giallo. Nei prossimi giorni, Renzi dovrà chiarire come mai non c’ è traccia, nel Def, del bonus da 80 euro per le pensioni minime (quelle che galleggiano attorno ai 500 euro). Lunedì scorso, il Primo ministro aveva promesso un ritocco all’ in sù, in linea con lo sgravio fiscale, di analogo importo, assicurato ai lavoratori dipendenti a ridosso delle elezioni europee del 2014. A distanza di due anni, ci risiamo. Nel senso che fra un paio di mesi, c’ è una tornata elettorale forse decisiva: si vota in parecchie grandi città per eleggere il sindaco ( tra cui Roma, Napoli, Torino, Milano) e servono ottimi argomenti per convincere gli elettori a votare i candidati Pd. Peccato che la mancia elettorale non trovi spazio nelle carte ufficiali. Segno che si è trattato di una dichiarazione estemporanea, non concordata né discussa sul piano delle esigenze di finanza pubblica.

Eppure il tema «pensioni» è al centro del documento programmatico del governo. Due i riferimenti espliciti: uno sulla flessibilità in uscita e uno sulla reversibilità. Due questioni assai spinose, peraltro. La prima, sostenuta soprattutto dal presidente Inps Tito Boeri, è la misura che mira a introdurre meccanismi per l’ uscita anticipata dal lavoro, con penalizzazioni sul «cedolino» anche se nel Def, prudentemente, si mettono le mani avanti sulla tenuta dei conti pubblici; la seconda, già al centro del dibattito e di polemiche nelle scorse settimane, è volta a rivedere gli assegni agli eredi di titolari di assegni. Su questo aspetto, ieri, il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd), ha detto chiaramente è stato categorico: «Non se ne parla». La solita armonia tra maggioranza parlamentare e governo. Che promette di voler impegnarsi sulla «riforma della contrattazione aziendale con l’ obiettivo di rendere esigibili ed efficaci i contratti aziendali e di garantire la pace sindacale». Applauso di Confindustria. E altrettanti dai banchieri, ai quali Renzi assicura nuove misure per accelerare la riduzione delle sofferenze, vale a dire dei prestiti non rimborsati, grazie a un’ accelerazione delle procedure concausali e del recupero crediti.

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