La Nuit Debout, il movimento che sta paralizzando la Francia contro una legge che è la fotocopia del Renziano jobs act, sembra sia nata da un film che ha inaspettatamente avuto un grande successo. Si tratta di una sorta di film/documentario girato da un giovane regista, Francois Ruffin. Il film racconta di Bernard Arnault, uno dei simboli del capitalismo francese, amministratore delegato di Lvmh, un agglomerato di imprese che raggruppa Vuitton, Kenzo, Dior, Fendi, Givenchy… Un giorno Bernard Arnault decide di sopprimere in un sol colpo migliaia di posti di lavoro per “delocalizzare” la fabbrica in un paese dove, dichiara, “il costo dei salari è molto, ma molto più basso”. La fabbrica è l’unico stabilimento produttivo esistente nella cittadina francese. La sua chiusura la trasforma in una sorta di villaggio fantasma. Gli attori del film sono gli abitanti di quella cittadina e due sindacalisti, ex lavoratori della fabbrica. Le immagini dell’amministratore delegato di una delle maggiori fortune d’Europa (la maggiore della Francia) che giustifica il licenziamento di centinaia di operai con l’obiettivo di massimizzare i profitti ha provocato in Francia una tale reazione emotiva che ha fatto del film/documentario un cult. Ruffin ha cominciato a percorrere il paese proiettando il suo film ed organizzando riunioni del tipo di quelle che si facevano nel maggio del ’68, quando si organizzavano dibattiti e tavole rotonde sui documentari che raccontavano le condizioni di lavoro nelle fabbriche. Un fenomeno che sembrava dimenticato e che invece sta vivendo come una rinascita. Ne è testimonianza un altro documentario, stavolta diretto da una giovane donna, Françoise Davisse, considerato dall’autrice “il ritratto di un’avventura collettiva”. Nel documentario di Davisse, come in quello di Ruffin, i protagonisti sono i lavoratori di una fabbrica del gruppo automobilistico Psa. E’ il lungo racconto di una giornata. Una giornata in cui la Psa fece due annunci pubblici. Nel primo annunciò un’annata straordinaria di vendite e profitti record. Nell’altra comunicò che un risultato così lusinghiero era dovuto al fatto che in tre anni era riuscita a “liberarsi” di 17 mila lavoratori.
Fonte web