L’Italia fuma forte, in Spagna un club su quattro e’ italiano

 

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Di Bruno Cortona – La fuga dei cervelli fumanti, qualcuno l’ha definita così. I dati dei “Club de Fumadores” spagnoli parlano chiaro, uno su quattro è italiano. Dei 400 “coffee shop” spagnoli, ben 100 sono italiani, il 25% una percentuale altissima di imprenditori nostrani. Svegli compaesani che hanno fiutato il business, hanno investito 40mila euro, questa la cifra per aprire un club, e ora sono proprietari di associazioni senza scopo di lucro (ufficialmente) dove forniscono ai soci hashish e marijuana a pagamento.

Uno dei posti in cui questi “coffee” alla spagnola proliferano è Barcellona, vera e propria colonia italiana con 25mila residenti. Arrivando si spera di trovare la nuova Amsterdam, ma in realtà è molto meglio. Innanzitutto per il clima, immaginate i “comfort” di Amsterdam con il mare e il caldo, questa è Barcellona da un anno a questa parte. L’unica scocciatura è che per diventare socio di un club bisogna farsi presentare. Ma con qualche amico di amico, o un po’ di ingegno e di savoir-faire all’italiana ci si riesce. A “barca” ormai ci sono più di 150 associazioni cannabiche, 200 nell’area metropolitana e 400 in tutta la Catalogna. Amsterdam, per fare un rapido confronto, ha 198 coffee shop. In Spagna il mercato è esploso. I club hanno iniziato a moltiplicarsi nel 2011, ma il fenomeno ha raggiunto l’apice nel 2013, con 100 nuove associazioni aperte in un anno.

Secondo El Pais, solo in Catalogna i club fatturerebbero cinque milioni di euro ogni mese. Il business dei club è nato nel periodo più nero della crisi catalana e l’economia ne ha beneficiato:  il numero dei turisti è in crescita costante. A Barcellona hanno investito sui social club anche colossi della cannabis, come gli olandesi di “Green House”. Posti ormai diventati come coffee di Amsterdam, in pieno centro e alla moda, con Ipad, mega-schermi e hostess svedesi. Ci sono anche però i club meno commerciali, che vendono cannabis solo ai residenti senza sovrapprezzo. Adesso però il business si è bruscamente interrotto, causa la pressione dell’opinione pubblica sulle autorità.

Nel giugno scorso infatti, il Comune di Barcellona ha dichiarato guerra ai club e ha sospeso per un anno la possibilità di aprirne di nuovi. Da allora il business più redditizio in città è diventato coltivare cannabis per soddisfare la domanda crescente dei club. Per contrastare questo fenomeno la guerra è continuata. I Mossos d’Esquadra, i poliziotti catalani, hanno chiuso 25 club negli ultimi mesi. E pensare che fino a poco tempo fa era molto facile aprirne uno: non c’era neanche bisogno di una licenza comunale, bastava la comunicazione al Municipio di inizio attività. Bastava quello e meno di 40mila euro. Ormai è tardi.

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