«Morirò al verde ed è giusto, perché è così che sono venuto al mondo».
Il 13 maggio del 1988 Chet Baker vola dal terzo piano del Prins Hendrik Hotel di Amsterdam, uno squallido alberguccio per drogati a due passi dalla mitica strada Zeedijk, cuore della movida “droghereccia” e allucinata della capitale olandese. E’ l’ultimo volo dell’angelo dalla tromba d’oro.
Una vita distrutta dalla dipendenza dall’eroina, una folle vita randagia, polverizzata a 58 anni, e una morte tanto squallida quanto misteriosa: come avrebbe fatto il jazzista a cadere da una finestra larga appena 40 centimetri?
Le circostanze della sua morte, fin da subito, sono piuttosto oscure. Sono le 3 del mattino, Chet vola giù dalla finestra “come se avesse le ali”, atterra sul marciapiede di cemento, batte la testa, muore sul colpo … e non c’è nessun testimone. Omicidio per debiti di droga, suicidio, incidente…e in ultimo l’ipotesi di un’overdose, con il padrone dell’albergo che decide di disfarsi del corpo fiondandolo fuori dalla finestra. Dietro tutte queste ipotesi c’è la droga, l’eroina compagna di una vita, per la quale era finito in carcere in Italia, aveva perso i denti, famiglia e carriera.
All’esterno del Prins Hendrik Hotel di Amsterdam c’è una targa che recita: «Il trombettista e cantante Chet Baker morì in questo luogo il 13 maggio 1988. Egli vivrà nella sua musica per tutti quelli che vorranno ascoltarla e capirla ».
Il giorno del suo funerale poca gente (foto a commento), sua figlia Melissa, che anche per colpa sua si prostituiva in un distributore Texaco sperso nel deserto, pone una rosa sulla sua bara.
Fonte Radio Viet-Fottuto-Nam