Dopo le bufale sul fabbisogno energetico, ora, pur di far fallire il referendum, arrivano pure quelle sul lavoro. Vediamo perché.
Innanzitutto, non ci sono, al contrario di ciò che dice Renzi, 11 mila posti di lavoro in pericolo. Non solo perché persino Assomineraria – cioè l’associazione dei petrolieri in Confindustria – parla di 5 mila occupati, cioè di una cifra ben lontana da quella del premier. Ma perché, in caso di vittoria del Sì, nessuno di loro perderà il lavoro. Nessuno.
Questa sarebbe, per pura onestà, la prima cosa da dire:
nessun posto di lavoro viene messo a rischio all’indomani del referendum.
Per un motivo semplice: con la vittoria del Sì, i permessi attualmente in corso rimarranno comunque attivi fino alla loro scadenza. Tre delle quali avverranno nei prossimi cinque anni, mentre la maggior parte delle altre tra quindici. Tempi più che ragionevoli per ricollocare le poche centinaia di persone coinvolte. Se un governo non riesce a ricollocare 5 mila persone in 15-20 anni, sorgono dei dubbi sulla capacità di dirigere un Paese più che la gestione delle politiche energetiche.
l 17 aprile si vota il referendum sulle trivellazione nel mare.
IO AL REFERENDUM VOTO SI
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